Quando, in un cineforum degli anni Settanta, assistetti alla proiezione di Olympia, il film sulle Olimpiadi del 1936, non conoscevo l’impresa di Ondina Valla, che a Berlino vinse il primo Oro per l’atletica femminile italiana.
Il capolavoro della regista Leni Riefenstahl, che consentì al mondo intero di apprezzare in video le gare olimpiche e al tempo stesso «inventò» le riprese sportive, mi affascinò fin dalle scene introduttive nelle quali il marmo delle statue degli atleti della Grecia antica prendeva vita per trasformarsi negli atleti in carne e ossa.
L’Oro di Berlino 1936
Ma a suscitare un’emozione profonda fu la finale degli ottanta metri ostacoli, con Ondina Valla che taglia per prima il traguardo e va a salutare i connazionali festanti sugli spalti. E poi la cerimonia della premiazione nella quale l’atleta con la testa cinta dalla colona d’alloro saluta col braccio alzato sulle note di una famosa canzone dell’epoca.
Per comprendere l’importanza dell’impresa compiuta dall’atleta bolognese basta ricordare un dato. Passeranno 40 lunghi anni prima che nell’atletica femminile la bandiera italiana possa salire per la seconda volta sul pennone più alto. E precisamente occorrerà attendere le Olimpiadi di Mosca del 1980 dove Sarà Simeoni conquisterà la medaglia d’oro nel salto in alto.
La vita di Ondina Valla, prima e dopo lo spartiacque dell’impresa di Berlino 1936, è raccontata dal giornalista sportivo e scrittore Marco Tarozzi nel libro Ondina. Il sorriso che ha cambiato il mondo, edito da Minerva.
Ondina, nata Trebisonda
L’atleta nacque il 20 maggio 1916 a Bologna e fu registrata all’anagrafe come Trebisonda Valla. L’inconsueto nome datogli dal padre si trasformerà presto in Ondina. Un nome perfetto che racconta al meglio il carattere della ragazza, la sua passione sportiva sempre accesa.
In quegli anni il regime fascista punta sulla promozione dello sport fra i giovani. L’educazione fisica degli alunni delle scuole elementari viene incentivata prima attraverso l’Ente nazionale per l’educazione fisica (Enef) e a partire dal 1927 dall’Opera nazionale balilla (Onb), mentre nel 1928 nasce la Scuola superiore di educazione fisica con sede a Roma presso il Foro Mussolini.
In tutta la penisola vengono creati impianti sportivi e la pratica dello sport viene sollecitata nelle scuole. È proprio nell’ambito della gare scolastiche della Coppa Bologna che nel giugno del 1927 il talento di Trebisonda (non ancora divenuta Ondina) viene notato tra gli altri dal presidente della Federazione italiana sport atletici Vittorio Costa. La ragazza primeggia nei 50 metri piani, nel salto in alto e nel salto in lungo.
Una undicenne filiforme
L’ex atleta segnala subito quella undicenne «filiforme, con una folta e crespa capigliatura e un nome impossibile» perché venga avviata alla pratica sportiva dell’atletica leggera.
Negli anni seguenti la ragazza, tesserata nella società Sef Virtus, mantiene le promesse con successi e buoni piazzamenti sia campo nazionale che nelle prime competizioni internazionali.
Nel 1930, a quattordici anni, vince i titoli italiani assoluti negli 80 metri ad ostacoli, migliorando il record italiano, e si impone nel salto in alto con rincorsa e in quello da fermo. Nel salto in lungo da fermo è seconda.
A giugno del 1932 Ondina abbassa il suo personale sugli 80 ostacoli con un tempo che, oltre stabilire il nuovo primato italiano, è di assoluto rilievo a livello mondiale. Il mese successivo cominceranno le Olimpiadi di Los Angeles e l’atleta ha le carte in regola per prendervi parte. Non accadrà.
Los Angeles resta un sogno
Nonostante abbia fatto uscire di casa le donne, inserendole nelle diverse organizzazioni create dal regime, ci sono ancora remore alla completa liberalizzazione dello sport agonistico femminile. Pesa anche la contrarietà della Chiesa, con la quale nel 1929 l’Italia ha stipulato il Concordato.
A quel tempo per il Vaticano e per il senso comune di molti italiani la pratica sportiva è dannosa per la salute e per lo spirito della donna. La stessa mamma Andreana ha sempre accettato a fatica l’incontenibile afflato sportivo della figlia, sperando che prima o poi quell’infatuazione si spenga.
Per la spedizione olimpica di Los Angeles il Coni fa le cose in grande. Porta oltreoceano 102 atleti e 5 riserve che ottengono un grande risultato. L’Italia conquista 36 medaglie, che le valgono il secondo posto nel medagliere alle spalle degli irraggiungibili Stati Uniti.
Sono comunque tutti uomini. Alla spedizione non partecipano donne. Per alleggerire la delusione di Ondina le si fa notare che sarebbe stata l’unica donna della squadra di atletica, sola nel lungo viaggio su di una nave piena di uomini.
Ondina Valla e Claudia Testoni
Il sogno olimpico sfumato non abbatte l’atleta che continua ad allenarsi e a mietere successi. Comincia anche la rivalità sportiva con Claudia Testoni, sua compagna di squadra nella Virtus Bologna, che diventerà un’altra regina dell’atletica italiana.
«Sono entrambe atlete poliedriche ― racconta Marco Tarozzi ― che arriveranno a competere ad alto livello in sette differenti specialità.
Valla primeggerà nelle corse piene e nel salto in alto. Il suo record italiano di 1,56 nel salto in alto resterà imbattuto per ben 18 anni.
Claudia Testoni diventerà una specialista nel salto in lungo, con sette titoli tricolori conquistati in dieci anni».
Intanto in vista delle Olimpiadi di Berlino l’orientamento del Coni è cambiato. Gli Stati Uniti come le principali nazioni europee che si contenderanno le medaglie non hanno remore alla partecipazione femminile e in casa nostra il livello delle atlete è molto cresciuto.
L’impresa olimpica
Se l’Italia non vuole autoescludersi dal gotha dello sport mondiale e soprattutto continentale, nel quale le atlete sono state ammesse a pieno titolo, deve dare spazio e puntare anche sulle donne. A Berlino sia Valla sia Testoni potranno correre e farsi valere.
La vittoria di Ondina e il bronzo mancato al fotofinish da Claudia Testoni apriranno una pagina nuova nello sport italiano, mandando in soffitta quei «rigidi precetti morali» e quelle improbabili teorie mediche che avevano così a lungo ostacolato la crescita dello sport agonistico femminile.
L’Oro di Berlino sarà uno spartiacque. Avuto il via libera la Federazione italiana di atletica leggera darà vita ad un modello tecnico organizzativo in grado selezionare e valorizzare in poco tempo nuove atlete da affiancare alle due stelle Valla e Testoni, raggiungendo ottimi risultati in campo internazionale.
Già l’anno successivo le migliori atlete italiane verranno ufficialmente parificate ai grandi campioni maschi degli sport più popolari.
L’amore per lo sport
Il libro di Marco Tarozzi segue Ondina nei festeggiamenti per l’impresa berlinese, nelle successive vittorie e nel ritiro dalle competizioni ufficiali nel 1942, racconta del suo matrimonio e dell’attività intrapresa con il marito, fino agli ultimi anni vissuti a L’Aquila, dove si spegnerà il 16 ottobre 2006 a novant’anni.
L’amore per lo sport non abbandonerà mai Ondina. Ne è riprova il suo occasionale ritorno in pista nel 1952. L’olimpionica ha ora 36 anni e risiede in Abruzzo. Si occupa dell’azienda di famiglia ma trova il tempo per allenare la squadra femminile dell’Aterno Pescara.
Arrivano i campionati regionali e la voglia di gareggiare prende il sopravvento. Si mette in gioco e vince il titolo nel disco e il secondo posto del peso. Ma è opinione generale che avrebbe potuto ancora correre i 100 metri sotto i tredici secondi.
Oltre che nella natia Bologna in diverse città d’Italia ci sono oggi strade intitolare a Ondina Valla. E il nome della ragazza con il sorriso che ha cambiato il mondo brilla tra le «stelle» dei grandi protagonisti dello sport italiano, con le quali il Coni ha lastricato il pavimento che da viale delle Olimpiadi conduce allo Stadio Olimpico.
Vincenzo Fratta
Marco Tarozzi
Ondina. Un sorriso che ha cambiato il mondo
Minerva, pp.128
